Il commercialista paga l’Irap solo sull’attività strettamente professionale, così ha sentenziato la Cassazione nell’ordinanza 12052 del 17 maggio 2018. Il caso è quello di un dottore commercialista titolare di uno studio che svolgeva anche delle attività come sindaco, revisore, formatore, consulente di parte e d’ufficio. Le Entrate avevano ritenuto l’esistenza dell’autonoma organizzazione anche sulle base delle diverse mansioni svolte dall’uomo ed avevano calcolato il tributo in relazione al reddito globale. Per la Corte si applica il principio secondo cui il dottore commercialista che svolga anche attività di sindaco e revisore di società non soggiace a Irap per il reddito netto di tali attività, in quanto soggetta ad imposizione è unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto organizzata, fermo l’onere del contribuente di provare la separatezza dei redditi di cui richiede lo scorporo.